Si adagia sulle pendici del monte Titas, ai margini orientali del Medio Campidano, da sempre centro agricolo, da fine XX secolo anche polo industriale dall’insediamento di un calcificio e di un cementificio tra i maggiori in Italia, che sfruttano le cave di calce, grande risorsa della zona. Samatzai è un paese di mille e 600 abitanti, ‘porta’ tra la pianura del Campidano e le ‘dolci’ ondulazioni del territorio storico della Trexenta. Di stampo trexentino è la tradizionale struttura e urbanistica e architettura del paese: ampie case di matrice ‘contadina’, a due piani circondate da estesi cortili, ‘incastonate’ in un centro storico dall’aspetto artistico. Si affacciano in vie attorno alla quattrocentesca parrocchiale di san Giovanni battista, che custodisce antiche statue lignee di santi e una splendida croce astile in argento massiccio del XVI secolo. La chiesa a navata unica è di impianto gotico-aragonese, con copertura lignea sorretta da archi ogivali e cappelle laterali. Il patrono è celebrato a fine agosto, insieme alla Madonna delle Grazie e a san Raimondo nonnato. Altre celebrazioni sono a fine maggio in onore dei santi Bertorio, Giustino e Fedele. Di pregio è anche la seicentesca chiesa di santa Barbara con piccolo portale sormontato da una finestra e campanile a vela. In campagna c’è un santuario in onore di san Pietro, festeggiato a metà luglio. Nel centro storico spicca anche il monte granatico, risalente al XVIII secolo, interessante esempio di architettura rurale, anticamente deposito per il grano, oggi sala riunioni. Da non perdere è anche il museo “Sa Domu de su ferreri”, la casa museo con annessa fucina del fabbro ferraio. Samatzai era noto nell’Antichità come Santu Maccari, villaggio dove fu costruita la chiesa di san Marco, di cui si conservano alcune rovine. Tra le ipotesi sull’attuale toponimo c’è quella della derivazione da Shamas, dio del sole mesopotamico, che rispecchierebbe la natura del suo assolatissimo suolo, non protetto da macchia mediterranea arbustiva. Per antica tradizione il territorio, in gran parte coltivato, si suddivide in due parti: sartu de sus a nord e sartu de bàsciu a sud-est. Fu abitato sin dal Neolitico, come testimoniano le domus de Janas della necropoli in località sa Rocca Pertunta. Della successiva età del Bronzo spicca il nuraghe su Nuraxi, in località Domu is Abis, un nuraghe complesso con mastio centrale e quattro torri laterali con annesso villaggio di capanne.