Camminare per imparare a scoprire il territorio
Camminare per scoprire le ricchezze naturale. Un tesoro di risorse e di valori che solo chi non sogna e non pensa di lottare per cambiare il sistema può continuare a distruggere e depredare. Per considerare il passato, vivere il presente e sognare il domani vale la pena camminare. Camminare, non correre o saltare, per avere queste possibilità e, nel contempo, godere: i colori e le forme del paesaggio; il volo di una poiana; il canto di un ruscello; il coro degli uccelli appena svegli in attesa dell’alba; il saluto di un passante appena incontrato e conosciuto; il ronzio delle api e degli altri insetti impollinatori; il volo scomposto di una farfalla; l’odore di marcio di un sottobosco; il tronco scavato di un olivo secolare pronto, se lo ascolti, a raccontarti il tempo; i rami possenti di una quercia che trasforma i raggi del sole in ombra; le onde lievi quali respiri del mare e quelle giganti che lo fanno urlare. Camminare per sentire battere il tuo cuore e assaporare le emozioni, la vita. Mano nella mano per stringere insieme l’amore, prima che diventi aquilone, voglia di volare oltre la luna e il sole, oltre le stelle e saltare da un buco nero a uno luminoso senza la paura di cadere e farsi male. Camminare per legare il presente al passato e renderlo domani, come il seme che raccoglie la vita e si affida alla terra in attesa che il nuvolo e il sereno lo rendano bocciòlo, fiore, frutto di nuovi semi, nuovi domani. Camminare, passo dopo passo, “trac”- “tur”, lungo il tratturo segnato da animali e, poi, dall’uomo che diventa pastore, guida, con l’aiuto di un cane attento (pastore abruzzese) che non ha paura di nessun altro animale. Tutt’e tre, da quando l’uomo è diventato pastore (millenni di anni), alla ricerca del cibo e, nel rispetto delle stagioni, attraversano due volte il Molise, quando dalla Puglia (Aprile- Maggio) salgono per raggiungere i monti verdeggianti, quelli più vicini del Molise e quelli più lontani dell’Abruzzo, e, quando da questi luoghi non ancora innevati riscendono per tornare nel Tavoliere o poco più lontano. Non pochi, incantati, hanno deciso fermarsi e di restare. Il Molise è da sempre la terra dei cammini. Serve, oggi, utilizzare i tratti rimasti di queste antiche strade, che l’Unesco ha dichiarato patrimonio culturale dell’umanità, per rilanciare, là dove possibile, la transumanza, e, anche, per valorizzarli rendendoli cammini. Uno che da Venafro porta Sant’Elia a Pianisi e, poi a Foggia e a S. Giovanni Rotondo, dedicato a Padre Pio, senza perdere l’occasione di visitare, non lontano, Monte Sant’Angelo, il luogo dove avvenne la prima apparizione dell’arcangelo Michele, sede di un Santuario, méta di pellegrini da quindici secoli. Non male pensare a disegnare nuovi tratti, questa volta dedicati all’olio, ai latticini-tartufo bianco e al vino, per dare al visitatore che ha voglia di camminare, la possibilità di scoprire tutt’e 136 i luoghi, ai quali aggiungere il più grande di tutti, il mare. I luoghi, non solo con la campagna, ma, anche, con paesi segnati da un campanile e una piazza, mille viuzze, castelli e palazzi storici. Camminare il Molise per respirare aria e incamerare ossigeno; bere acqua di sorgenti; godere dei suoi paesaggi segnati da mille tonalità di verde; ascoltare i suoi silenzi; sentire i suoi profumi; gustare i suoi sapori e vivere la sua storia, la sua cultura, le sue tradizioni; stringere la mano dell’accoglienza e dell’ospitalità. Un Molise ancora possibile e, come tale, di grande attualità, per essere un insieme di luoghi caratterizzati da campagna e non un cumulo di cemento ed asfalto. Ecco perché basta solo volerlo per organizzarlo e programmarlo. Una regione pronta, con alcune accortezze, a incantare il visitatore che ha tanto bisogno di vivere la vita e goderla nel rispetto del tempo e dei valori. Per tornare a essere parte della natura e non un suo predatore – distruttore; padrone delle tecnologie e non uno schiavo di esse. Un esempio di modernità senza strappi e lacerazioni, che non spreca, ma utilizza, organizza e propone solo quello che il territorio riesce a dare. Un tesoro di risorse e di valori che solo chi non sogna e non pensa di lottare per cambiare il sistema può continuare a distruggere e depredare. Un terra per me, per te, per le persone, gli animali, le piante, grazie alla sua “arretratezza”; ai suoi primati di ruralità e biodiversità; alle sue dimensioni, che uno sguardo riesce a cogliere ed a raccogliere. Un insieme che ha bisogno di poco tempo e poco lavoro per ripensare il neoliberismo e diventare esempio di un sistema capace, nel momento in cui è consapevole dei suoi limiti, di soddisfare i bisogni e stimolare le capacità dei suoi abitanti. Un sistema non più dell’economia della crescita (senza limiti) che vede l’uomo e i luoghi al suo servizio, ma dell’economia sociale al servizio dei luoghi, della natura e dei suoi protagonisti, quella che rimette al centro il bene comune e chiama tutti a rispettarlo.
Pasquale Di Lena, ideatore e fondatore delle Città dell’Olio
FONTE: TEATRO NATURALE