Intelligenza artificiale contro genius loci: anime di un mondo combattuto
Al sistema della finanza (banche e multinazionali), il neoliberismo, la storia non piace come pure non piace la cultura, due dei valori e delle risorse, insieme a paesaggio, ambiente e tradizioni che rappresentano il territorio. Piace solo, e molto, l’intelligenza artificiale, quella capace di registrare ogni nostro respiro e di combinare i numeri che servono a contare bene il denaro. Per il sistema anche noi siamo numeri, però difettosi, per il fatto che abbiamo un’anima che emoziona, un cuore che ama e una mente che pensa, ragiona. Difettosi, anche, perché ci piace conoscere, sapere, chiacchierare, raccontare, ridere e sorridere. In pratica ci piace il convivio, la buona tavola, il cibo, che – è bene sottolinearlo – ha qualità, solo se espresso dall’origine, il territorio, e, anche diversità, se racconta le stagioni e, ancor più, la biodiversità. Parlando di cibo, c’è da dire che l’Italia è, più di ogni altro al mondo, il Paese della biodiversità, tant’è che non c’è centimetro del suo territorio che non è segnato da una delle 838 eccellenze alimentari Dop e Igp, che, da quasi vent’anni ci collocano sul podio più alto, in Europa e nel mondo. Due gli esempi più significativi, quelli che ci coinvolgono di più e da tempo: il vino e l’olio. I due fedeli amici, compagni di viaggio da oltre seimila anni, che, dopo aver segnato di storia, cultura, tradizioni il Mediterraneo, alla fine del secolo scorso si sono avventurati nella conquista di nuovi territori nel resto del mondo. Tant’è – ci piace sottolineare – che non c’è minuto che passa senza sentire un frantoio che macina e un mosto che fermenta in una cantina aperta in qualche angolo dei cinque continenti. L’olio del gentile olivo e il vino della nobile vite, delizioso nettare, entrambi simboli, soprattutto della sacralità, e, insieme, testimoni dei valori e delle risorse che il Genius loci, da sempre, abbraccia e rappresenta.
Lo Spirito del luogo duramente combattuto dal neoliberismo,, che, con la sua mania di depredare e distruggere, lo ritiene l’ostacolo più difficile da rimuovere sulla strada che porta al suo dio onnipotente, il denaro. Oggi più che mai, per la ragione che su questa strada ci sono investimenti pari a ben 800 miliardi di euro, destinati alla produzione di un cibo coltivato, non dai coltivatori, ma dall’intelligenza artificiale. In pratica, intelligenza impegnata a trasformare un atto agricolo, qual è il cibo, in un prodotto pensato, lavorato e realizzato da un robot. Oggi il vino, domani l’olio evo e/o il pane, la stessa Dieta mediterranea, quale stile di vita e non solo modo di mangiare. Sta qui la premura e la fretta del sistema, il grande regista, a utilizzare tutte le sue comparse, quelle presenti nelle istituzioni, negli organi di informazione e, perché la notizia non sia fraintesa come opinione, nelle Università e nei centri di ricerca. Ed è così che si fa presto a spargere la voce che il vino è cancerogeno, anche se ne viene bevuta una goccia, e tutto per colpa della sua percentuale di alcol (raramente oltre il 15%). Nessuna parola sui mali prodotti dalle bevande non alcoliche! E così, non più l’aria e l’acqua inquinate, il suolo maltrattato da un’agricoltura industrializzata e allevamenti super intensivi, che hanno fatto e continuano abuso della chimica e degli antibiotici, ma il vino, l’autore della crescita dei tumori!
Guarda caso, proprio oggi o, volendo dare più tempo al tempo, nel periodo degli ultimi cinquant’anni quando il consumo procapite, in Italia, di questa bevanda/alimento, che anima il convivio, e ben si sposa con le pietanze della nostra cucina, è passato dai 114 litri pro-capite del 1974 a sotto i 50 litri dei giorni nostri, cioè più che dimezzato. Un calo netto del consumo di vino proprio negli anni in cui si registra un aumento del consumo di droga, un abuso delle sostanze inquinanti sopra citate e un aumento dei casi di tumori di ogni tipo e ogni specie. È nella natura di un sistema privo di valori, imbroglione per indole, porre in cattiva luce tutto ciò che mette a rischio gli obiettivi già prefissati, che poi si riducono a depredare e distruggere, tutto e solo per accumulare denaro. Che fare? Avere cura e premura del territorio e lottare per salvaguardarlo e tutelarlo, visto che è la grande e sola risorsa che abbiamo. Riappropriarsi della politica, quale arte, per governarlo con progetti e programmi che portano a vivere un domani pieno di nuove speranze. Lottare, prima che sia troppo tardi, il sistema e disarmarlo per tornare a respirare, bere, gustare il nuovo domani.
Basta – come raccomanda il Genius loci – un fetta di pane di farina di grano duro, un filo d’olio evo di una o più varietà autoctone, un pomodoro dell’orto più vicino, una spolverata di origano d’annata e un pizzico di sale per avere tutta la forza che serve per mettere in crisi il sistema, anch’esso un mostro da un occhio solo, per giunta accecato dal denaro.