Montefalcone del Sannio: riparte da quello che ha il suo territorio

News  07 Ottobre 2022



È il territorio l’unico tesoro che abbiamo, a partire dalla sua agricoltura, la fonte del cibo, e, di essa, il suo comparto più diffuso, l’olivicoltura, che da oltre seimila anni, ci dona l’olio, il filo conduttore della Dieta Mediterranea, e, con le sue varietà autoctone, espressione di biodiversità. E, non solo, l’olivo è un amico del clima, con la cessione nell’atmosfera di grossi quantitativi di ossigeno e assorbimento di anidride carbonica; del paesaggio, con le sue chiome di verde intenso e, quando tira il vento, color argento; delle tradizioni, quelle legate alla raccolta e quelle legate al frantoio. L’olivo, la pianta sacra, che, nel corso dei millenni, ha nutrito la storia e la cultura, dando vita alle civiltà del Mediterraneo, che la globalizzazione, con le banche e le multinazionali, sta cercando, con tutti i suoi mezzi, di cancellare. La premessa di un incontro voluto da Nicola Roberti e fatto proprio dal neo Sindaco, Fabio Fasciullo, e dalla sua amministrazione, con un suo prossimo sviluppo, che ha molto interessato i presenti all’incontro. A intervenire per primo il Dr. Nicola Malorni, consigliere comunale di Termoli e vicepresidente dell’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio, ma anche psicologo e analista; poi io, nella veste di ideatore e promotore a Larino dell’Associazione, una realtà grande e sempre più presente con i suoi 430 soci sparsi sulle 18 regioni italiane olivetate, dei quali il 90% piccoli comuni, con meno di cinquemila abitanti; a chiudere il Dr. Vincenzo Aquilano, agronomo di lunga esperienza, oltre che viticoltore e olivicoltore in Ortona, la bella città frentana, capitale riconosciuta della vitivinicoltura abruzzese e del Montepulciano. Nicola Malorni ha parlato della sua riscoperta, a Guardialfiera, dell’olivo e della sua iniziativa Kairos, la cooperativa, ormai nota per aver fatto dell’olivo il protagonista del recupero dalla violenza le donne che l’hanno subita. Un esempio della rinascita che ha dato vita a tante nuove iniziative e che sta diventando un esempio nazionale. Ha, poi, sottolineato l’importanza della sua presenza ne le “Città dell’Olio”, un’idea vincente con le sue tante iniziative in diversi campi, non ultimo il “Turismo dell’Olio”, con ll’olivo e l’olio i grandi protagonisti. Un’esperienza importante che lo ha portato a scoprire il valore dell’olio per la salute umana, non solo quelli già acclarati dalla scienza riferiti al fisico, , ma anche, quelli che riguardano la psiche dell’individuo. Una novità che conferma la sacralità dell’olivo e la bontà del suo olio. Un’esperienza che, con “Fausto”, l’olivo martoriato da un fulmine, ma rinato a nuova vita, nel momento in cui ha, con il cortometraggio “Gocce”, realizzato da un molisano, Simone D’Angelo, ha dato inizio al “racconto”, la premessa indispensabile del successo di ogni iniziativa riguardante l’immagine di un prodotto e, con essa, della qualità dell’origine, il territorio. Il mio intervento – partendo dal “glocale” vincente nei confronti del “globale” e dalla centralità del territorio – è iniziato con un applauso a chi ha promosso l’incontro e posto al centro, con la sua agricoltura, i suoi olivi e il suo olio, il territorio. Un tema di grande attualità visto che è proprio il territorio la vittima prima di un sistema di governo e un tipo di sviluppo, il neoliberismo, che, non avendo il senso del limite e del finito, depreda e distrugge, con il clima malato che è solo la rappresentazione dei disastri prodotti e che continua a produrre. Non a caso l’agricoltura, sin dall’inizio del percorso neoliberista, diventa la vittima sacrificale con la fuga dalle campagne, e, con essa, il territorio, quasi ovunque trasformato, con i terreni più fertili, in cemento ed asfalto. Un’agricoltura sempre più industrializzata che ha influenzato, soprattutto nel momento in cui non posta più al centro dello sviluppo, fortemente il mondo contadino, quello dei piccoli e medi produttori, che si sono trasformati, grazie ai regolamenti comunitari, in sostenitori di banche e multinazionali. In pratica del neoliberismo, pagando il prezzo della loro definitiva cacciata dalla terra e dal non ricambio con i giovani. Non a caso l’abbandono, e, là dove l’agricoltura è rimasta, la Sau (Superficie agricola utilizzata) è, con l’accorpamento delle piccole aziende, raddoppiata. Ho ricordato, a tale proposito, l’appello ai giovani di Luigi Di Majo, Don Luigi, neopresidente del Distretto del Cibo “Olio Evo Molisano”, e l’idea di allargare l’olivicoltura molisana di altri 10 ettari per un Molise della biodiversità olivicola, ricco della bellezza dei suoi paesaggi e della qualità del suo ambiente, che dà continuità alla storia e alla cultura, e con le tradizioni, vita a un turismo di turismi possibili. A spiegare bene con le sue dimostrazioni pratiche (oggettivo) – oltre che con le parole appropriate – i disastri dell’abbandono e dell’agricoltura industrializzata, ci ha pensato il Dr. Aquilano, dall’alto della sua esperienza di agronomo e coltivatore insieme. A dimostrare che i disastri delle alluvioni – ultima quella della Marche, che ha causato anche morti – non sono casuali, ma la conseguenza di un territorio, senza più agricoltura, e, per di più, abbandonato. Il terreno, non coltivato, diventa non più in grado di trattenere l’acqua, e così, frana, rendendo ancor più violenta la forza dell’acqua. Un bene, quest’ultimo, sempre più raro, soprattutto se potabile, che le colture arboree superintensive, per il forte fabbisogno di esso, sprecano e, insieme, la vita di tanti animali, uccelli in particolari, prede dei potenti macchinari di cui hanno bisogno queste coltivazioni per il loro ciclo produttivo. Un modo di coltivare che punisce Madre Terra con i suoi terreni fertili e, come tali, ricchi di vita. L’idea di ricominciare dalla terra e dal territorio – ha più volte sottolineato Aquilano – è un’idea vincente perché dà continuità al passato e trasforma l’oggi in un domani all’insegna della vita, della pace e del benessere, ovvero della rinascita di un territorio, che vale la pena vivere e non abbandonare. L’impegno preso, a conclusione di un incontro durato oltre tre ore, è quello di coinvolgere, soprattutto i giovani, per vedere come organizzarsi (cooperativa di produttori, associazione produttori e consumatori) e, così, ridare al territorio, con l’olivo “genius loci”, i colori del luogo e le voci proprie di una comunità, che torna a essere padrona del proprio futuro e non vittima di un tipo di società che, grazie al dio denaro, continua a perdere, con la terra fertile, altri fondamentali valori.

di Pasquale Di Lena, ideatore e fondatore delle Città dell’Olio