Fausto, simbolo dell’olivicoltura sociale
Si chiama Fausto e sono già in molti a considerarlo simbolo vivo dell’olivicoltura sociale nel nostro Paese. Racconta che qualcuno lo ha definito anche “custode del suo territorio”. Ha confessato di ignorarne le ragioni, visto lo stato in cui un fulmine lo ha cacciato circa cinque anni fa. L’incendio divampato dopo la caduta violenta della saetta che gli ha letteralmente squarciato il petto è stato fortunatamente domato da un provvidenziale acquazzone.
Le mani gentili di una donna nel 1921 si presero cura di lui con lo stesso amore che solo le madri sanno dispensare prodigiosamente ai propri figli. Così ha potuto conoscere almeno quattro generazioni di uomini e donne, giovani e bambini, i cui destini spesso hanno incredibilmente incrociato il suo destino e quello degli altri ulivi che popolano questo uliveto molisano che affaccia sul meraviglioso Lago di Guardialfiera, in un’area collinare accarezzata dalla brezza del mare Adriatico e cullata dalla frescura dei boschi narrati da Francesco Jovine che, come Fausto, proprio qui ebbe la fortuna di nascere.
Fausto ha incontrato insidie, ha conosciuto la malattia e ha finanche annusato il fuoco della vita quando rischia di spegnersi; ha patito l’esperienza dell’abbandono e le distanze del disamore. Ma oggi è ancora lì a germogliare come i tanti che si sono stretti attorno a lui in questi ultimi anni, anch’essi segnati come i suoi rami dalle storture della vita e dalle gibbosità dell’anima; è tornato a produrre dell’ottimo olio di oliva, Fausto, l’olivo fortunato, grazie alle radici forti che lo trattengono solido al suolo che lo ha ospitato, grato alla sua Madre Terra.
È simbolo vivo, Fausto, lo è perché custodisce all’interno del proprio tronco la nerezza dell’anima di chi lo incontra, di chi sa ascoltarlo, rispecchiando se stesso in questa immagine archetipica capace di catalizzare emozioni, ricordi, sogni, idee che si trasformano in progetti di straordinaria importanza per il suo territorio.
A rivelare il potere generativo di Fausto è stato un gruppo di donne vittime di violenze e di operatrici di due cooperative sociali che nel 2018 lo hanno riscoperto segnato da quella terribile ferita al petto. È stata la risonanza emozionale di quell’incontro ad innescare un processo simbolico che ininterrotamente ha prodotto da quel momento narrazioni, fantasie, nuove aggregazioni comunitarie. Grazie alla sua capacità di aggregazione, Fausto ha infatti richiamato a sè associazioni, gruppi, istituzioni in un processo trasformativo che non ha riguardato soltanto lui o i primi utenti cosiddetti “fragili” dei servizi territoriali, ma anche le comunità locali; un percorso che lo ha condotto ad interpretare finanche un ruolo da co-protagonista nel film breve “Gocce” di Simone D’Angelo, prodotto dalla Cooperativa Sociale Kairos con un finanziamento di Regione Molise.
Fausto non ama essere definito attore e neppure regista. Resta fermo sulla sua solida identità di Ulivo, ma ciò che è certo per noi è che Fausto è simbolo dell’olivicoltura sociale in Italia. Si tratta pur sempre di un albero, ma in quanto simbolo ci parla attraverso immagini che sono, non solo delle perfette istantanee del nostro stato psichico, individuale e collettivo, ma anche un preludio o un presagio di qualcosa che deve ancora essere compiuto, compreso e narrato.
Con Fausto è stata avviata l’olivicoltura sociale in Molise che con lui guarda ormai non solo alle categorie svantaggiate, ma anche alla promozione del territorio attraverso la valorizzazione delle tradizioni, delle culture locali, dell’arte nelle sue varie espressioni, della ristorazione e del turismo dell’olio. Fausto ha ispirato nuovi piatti, gelati gourmet, eventi turistici, finanche un film; ha stimolato Guardialfiera a fare comunità con le altre centinaia di Città dell’Olio d’Italia.
Fausto è per queste ragioni il nostro simbolo vivo, responsabile di una nuova consapevolezza: l’olivicoltura ha una peculiare vocazione sociale di cui le Città dell’Olio e l’intero Paese possono beneficiare, imparando la gratitudine verso le mani gentili di quegli uomini e quelle donne che si sono presi cura per secoli dei propri olivi come fossero figli da amare e proteggere.
Nicola Malorni, Vice Presidente Città dell’Olio