Olio extravergine d’oliva: ecco le monocultivar scelte da Slow Food
Per avere il cibo buono, ci vuole l’olio buono. «E per disporre di un prodotto di una certa qualità bisogna lavorare su due fronti: tutelare le produzioni agroalimentari con tecniche sostenibili e trasmettere al consumatore i migliori strumenti per una scelta consapevole». Sono i principi che, secondo Mauro Pasquali di Slow Food, devono sostenere la politica dell’olio evo. In un mercato in cui, soprattutto nella Gdo, si trovano bottiglie non italiane, con etichette povere, una filiera poco documentata e un prezzo catching. «Se leggiamo olio extravergine d’oliva ottenuto da olive comunitarie potrebbe significare che la materia prima non viene dall’Italia. Bisogna conoscere il produttore – avverte Pasquali – o reperire quante più informazioni possibili sull’olio. Consultate sempre il retro delle bottiglie e se la dicitura è troppo piccola, portatevi gli occhiali».
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