Olio EVO amaro e piccante: scopri quando fa bene alla tua salute
Pubblichiamo l’interessante articolo di di Alessandro Vujovic pubblicato su Teatro Naturale
L’olio extravergine d’oliva (EVO) è accreditato come functional food tra i vari componenti salutistici della Dieta Mediterranea. Per questo motivo le popolazioni mediterranee hanno una ridotta incidenza di malattie infiammatorie croniche e degenerative rispetto alle popolazioni che fanno uso di altri grassi alimentari. Un composto fenolico, contenuto nell’EVO, con spiccate proprietà nutraceutiche, denominato oleocantale (OC) condivide, per le sue caratteristiche percettive ed antinfiammatorio uniche, con il farmaco ibuprofene, un meccanismo di inibizione degli enzimi ciclossigenasi (COX1 e COX2), responsabili del metabolismo ossidativo dell’acido arachidonico nella formazione di prostaglandine pro-infiammatorie. Dopo la scoperta da parte del gruppo di Beauchamp, nel 2005, all’OC sono stati riferiti vari modi di azione nel ridurre le malattie correlate all’infiammazione, come quelle articolari-degenerative, neurodegenerative e alcune oncologiche. Molti ricercatori ritengono che il consumo a lungo termine di EVO, di qualità e ricco di OC, possa contribuire ai benefici per la salute associati al modello alimentare mediterraneo. Generalmente i composti fenolici dell’EVO sono percepiti, all’assaggio, come amari, irritanti o pungenti in tutte le regioni della cavità orale, piuttosto che in un’area spazialmente distinta. Alcuni autori come Cicerale, Breslin e Beauchamp ritengono che un recettore sensoriale specifico dell’OC esista prevalentemente nella regione orofaringea. Peyrot des Gachons e colleghi, nel 2011, hanno identificato il recettore cellulare dell’OC in una proteina con 6 domini transmembrana dei quali, tra il 5° e 6°, con un canale di attraversamento della membrana da parte dei cationi calcio (Ca++), denominato TRPA1 (Transient Receptor Potential cation channel, subfamily A, member 1 o Transient Receptor Potential Ankyrin 1). Il passaggio di ioni calcio, da fuori a dentro la cellula, crea una depolarizzazione con la trasmissione lungo l’assone delle fibre nervose di un messaggio di “avviso” che la sostanza è teoricamente irritante, come se ustionasse per questo il TRPA1 è un “termometro molecolare” in quanto si attiva quando lo stimolo termico oltrepassa i 43°C. I recettori TRPA1 sono presenti, oltre che nell’orofaringe, anche nel distretto polmonare, nell’epitelio sensoriale dell’orecchio, nei gangli dorsali trigeminali, nodosi e giugulari, nei neuroni nocicettivi capsaicino-sensibili (sensazione di dolore urente da peperoncino fino ad un’azione anestetica), nelle fibre nervose capaci di recepire stimoli periferici di tipo meccanico, chimico, termico o doloroso, nello stomaco e nel distretto intestinale (cellule enterocromaffini con rilascio di serotonina – quale mediatore dell’attività peristaltica-), nelle arterie celebrali (attività vasomotoria), nella muscolatura scheletrica, nella vescica, nel distretto cardiaco, nei cheratinociti della membrana basale dell’epidermide (ad es. la canfora è un antagonista TPRA1 pertanto viene usata a livello topico contro irritazioni cutanee e pruriti mentre un agonista, è l’olio di senape che sulla cute produce una sensazione dolorosa di bruciore e infiammazione). Story et alii nel 2003 hanno dimostrato che i recettori TRPA1 partecipano ai processi infiammatori e alla trasmissione del dolore. Ma la grande variabilità sensoriale interindividuale all’OC, al momento dell’assaggio di un olio, è dovuta a variazioni quantitative nell’espressione dei recettori TRPA1 nella regione orofaringea, tali da condizionare la caratteristica pungenza ed irritazione. Questi sono riconosciuti come attributi positivi e di qualità dell’EVO tanto che oli pregiati venivano classificati dallo stimolo a provocare uno o due colpi di tosse. Peyrot des Gachons et alii, nel 2011, ritenevano che maggiore fosse lo stimolo tussigeno dell’olio e migliore fosse la sua qualità.Dobbiamo anche tener conto di una ampia variabilità di contenuti di OC presenti nell’EVO tanto che Evangelia Karkoula nel 2012 e 2014 ha riportato variazioni fino a 711 mg/kg. Cicerale e colleghi, nel 2009, hanno riferito che l’intensità dell’irritazione ad una concentrazione di OC di 54 mg/kg, contenuti in un EVO, determinava una leggera pungenza alla gola, in soggetti poco sensibili, fino ad un’intensità tale da produrre colpi di tosse, in soggetti altamente sensibili. Fischer, già dal 1965, ha ipotizzarono che proprietà percettive analoghe possano riflettere proprietà farmacologiche simili (es. pungenza da ibuprofene e da OC), suggerendo che più sono pronunciate le proprietà percettive, più potenti sono le proprietà farmacologiche. Ci sono esempi dove più amara è la percezione di un composto e più potente l’azione antinfiammatoria, antiossidante o antimicrobica dello stesso (es. 3,4-DHPEA-EA dell’EVO). Ciò può avere importanti implicazioni per le indagini sui FANS presenti in natura come l’OC. Se i livelli di TRPA-1 sono espressi in modo coordinato in tutto il corpo, ed una maggiore espressione si traduce in una più intensa irritazione orofaringea, allora anche i muscoli e altri tessuti hanno alti livelli di recettore TRPA-1. La sensibilità all’OC è collegata alla variazione dei livelli di TRPA1 orofaringeo e questo viene attivato in risposta alle citochine infiammatorie. Pertanto le differenze nella sensibilità orale possono indicare come l’OC possa anche influenzare le vie infiammatorie di altri organi come il muscolo. Cioè i livelli del recettore di TRPA-1 nel muscolo riflettano i livelli presenti nella regione orofaringea, pertanto bassi o alti livelli di TRPA-1 nella regione orofaringea possono riflettere le risposte infiammatorie nel muscolo attraverso l’attivazione di P38 MAPK (P38 Mitogen-Activated Protein Kinases; enzimi protein-chinasi attivate dal mitogeno p38 dei mammiferi). Le P38 MAPK coinvolgono l’attivazione sequenziale a cascata di diverse protein-chinasi e sono attivate da stimoli tra cui citochine infiammatorie, stress ambientale e quindi sono state implicate nei cambiamenti patologici che accompagnano processi infiammatori e apoptotici di vari tipi di cellule compresi i neuroni. Si ritiene che le P38 MAPK abbiano un impatto su questi processi tramite la regolazione dell’espressione genica e la biosintesi delle citochine pro-infiammatorie, vale a dire IL-1 e TNFα, IL-8, IL-6 e COX-2. Infatti i substrati delle p38 MAPK includono la protein-chinasi e fattori di trascrizione di alcuni geni come ATF2 e CREB. Beauchamp nel 2005 ha dimostrato che la l’attività antinfiammatoria dell’OC e dell’ibuprofene sono analoghi nell’inibire gli enzimi COX 1 e 2 in modo dose-dipendente ma l’OC inibisce le COX in misura maggiore a concentrazioni equimolari rispetto l’ibuprofene. Ad esempio, 25 microM di OC inibiscono il 41%-57% dell’attività di COX mentre 25 microM di ibuprofene ne inibiscono il 13%-18%. Allora l’assunzione di 50 mL di EVO al giorno corrisponde a circa il 10% della dose capace di alleviare il dolore da Ibuprofene, stima che differisce a seconda delle concentrazioni di OC nell’EVO. Dal lavoro pubblicato nel 2014 da Lisa Parkinson e Russell Keast risulta che l’OC ha un’azione maggiormente benefica, come anti infiammatorio, nei soggetti che hanno una maggiore sensibilità all’azione pungente nel retrogola, in quanto i loro organi hanno una maggiore contenuto di recettori TRPA1, rispetto ai soggetti che hanno, da un punto di vista sensoriale, una minore sensibilità alla pungenza. Secondo Antonio Segura-Carretero (2018) diversi costituenti dell’EVO sono stati caratterizzati come “composti funzionali”, tra questi l’idrossitirosolo, il tirosolo e l’oleuropeina, tuttavia, la bioattività pleiotropica che l’OC promuove va oltre ciò che i fenolici sopra elencati possono mostrare pertanto i risultati fin ora promettenti innescheranno, in un prossimo futuro, l’uso di OC come un agente terapeutico.