La Città Ideale dove ognuno vuole vivere è fatta di storia, tradizioni ma anche vino e olio
Oggi il Molise, con i suoi paesi e le sue campagne, visto i tempi che viviamo, è, ancor più di ieri, una città ideale. E’quello che dicevo, dopo il giorno di S: Martino, ai partecipanti alla teleconferenza promossa dal gruppo “Turismo/Sinergie”, parlando di un’idea, pensata nel 2009, con l’allora sindaco di Macchiagodena, Angelo Iapaolo, che si chiedeva cosa fare del Castello che fa ombra alle case che scivolano a valle guardando la Maiella.
Sono andato a rileggere l’appunto “Molise, una città ideale” di dieci e più anni fa, ispirato dalla lettura di un libro, “Un po’ per amore, un po’ per rabbia”, uscito nell’aprile 2004 per la Feltrinelli, firmato da Pino Cacucci. Un libro molto bello, in particolare le pagine che parlano di Sebastião Salgado “il grande narratore per immagini…capace, con un’alchimia della durata di un attimo che unisce cuore – occhio – polpastrello, di raccontare storie lunghe cento pagine e volumi interi…Salgado non è un ritrattista, eppure attraverso i volti delle persone ci narra una città intera e le restituisce i suoi ricordi, trattenendo il presente per consegnarlo al futuro” .
La città ideale che non ancora esiste, ma che, come scrive Cacucci, “perché siamo come Sebastião inguaribili utopisti, non ci limitiamo a immaginare come potrebbe essere ma cominciamo a edificarla partendo dalle relazioni tra le persone”.
Poi parla de “la ciudad ideal”, che acquista il significato di sacralità in Salgado “proprio perché proposta molto interessante di progetti creativi e teorici…. dove politica e cultura si alimentano a vicenda…attraverso la partecipazione”.
La partecipazione, una parola che mi riporta a un tempo ormai lontano, importante nel momento i cui si vivono e si soffrono i limiti di una società drogata dal neoliberismo e, come tale, dal bisogno e ricerca crescente di denaro, tanto da renderlo dio assoluto, onnipotente, carta assorbente di tutti i nostri fondamentali valori, fino alla indifferenza. Non a caso continuo a chiamare “denarovirus”, il Covid, che ci toglie il sonno e, con esso, i sogni.
Il Molise, che non è né un cerchio né un quadrato, ma la rappresentazione di una farfalla, quest’anima ce l’ha ed io, stimolato dalla immaginazione e con l’aiuto di Salgado, che mi ha portato per mano, sono riuscito a trovarla nel “grande” Molise, frutto dell’emigrazione di centinaia di migliaia di molisani e, se si contano le nuove generazioni e quelli che si sono apparentati, i molisanidi, qualche milione di persone legati al Molise, che sono altrove, in Italia e nel mondo.
Una farfalla di grande attualità e modernità, quale simbolo di sostenibilità, biodiversità, ruralità; luogo di antichi borghi e minuti centri abitativi ricchi di storia, cultura e tradizioni, sparsi nel verde dei boschi e delle campagne, che adornano le montagne e le colline, le piccole pianure a partire dal ristretto tratto di mare.
Una farfalla che racchiude un territorio ricco di campagna a circondare i piccoli centri.
La farfalla Molise, da sempre, terra di transito e di scambi con la transumanza e, come tale, luogo di ospitalità e di solidarietà. Dal 1870 fonte di flussi ricorrenti di emigrazione – come prima dicevo – in Italia ed all’estero, dando vita a comunità integrate con altre comunità.
Una farfalla colorata da quel grande artista, Ro Marcenaro, che il “denaro virus” si è portato via pochi giorno fa. A Ro è piaciuto subito il Molise, l’ha amato, ed al Molise ed a me ha dato più di un suggerimento.
Una “città ideale”, vissuta da poco più di trecento mila abitanti, che – volendo seguire il ragionamento di Salgado – ha tutto per rilanciare il sogno e quella “partecipazione” di cui ha particolare bisogno il mondo che viviamo.
Si tratta solo di dare, a chi vive lontano dal Molise, la possibilità di vivere questa “Città ideale”.
Sono tanti, molisani e molisanici, quelli legati al Molise, che possono animare il piccolo Molise e renderlo “grande” se la sua organizzazione urbanistica e le sue peculiarità storico- culturali, le sue tradizioni si fondono in una neo, moderna “Città ideale”, che trova nel fenomeno della emigrazione – la grande storia che l’ha segnata in profondità – il perno intorno al quale far girare tutte le azioni di una sua programmazione e l’armonia di uno sviluppo ricco di prospettive.
Si tratta di recuperare i tanti castelli e i tanti palazzi storici sparsi sul territorio molisano e di riempirli delle culture e delle tradizioni dei Paesi e, anche, delle città che hanno ospitato i molisani, per rendere ognuno/a meta di visitatori, soprattutto delle nuove generazioni che hanno sentito parlare della terra di origine dei padri, dei nonni e dei bisnonni, per far vivere il legame con il Molise, renderlo non più solo desiderio, ma incontro.
Castelli e palazzi storici che, una volta collegati, diventano percorsi, cammini, incontri, turismi, a partire da quello esperienziale, e, penso alla piazza del paese; la chiacchierata con le persone; l’incontro con l’artigiano, il coltivatore o l’allevatore; le mille tradizioni, in particolare quelle legate al cibo, all’olio e al vino. Ecco la città ideale, non più sogno ma realtà.
Fare questo vuol dire rendere il Molise una moderna “Città ideale” e, non solo, anche – per le sue dimensioni e le tante peculiarità proprie di un territorio che ha poco, ma ricco di tutto – un laboratorio per un Italia che, dalla seconda metà dell’800, ha visto partire, anche dal luogo più sperduto, i propri figli e ritrovarseli, poi, in ogni angolo del mondo, lontani.
Il sogno di vedere edificato un ponte con tante persone che lo attraversano, s’incontrano, si riconoscono e tornano a salutarsi anche solo con un “ciao”. Un ponte di tanti ponti animati, non dal dio denaro, ma da persone che hanno solo voglia di partecipare, conoscersi, riconoscersi, raccontare sogni e condividere quello del domani.
Pasquale di Lena – Ideatore e promotore delle Città dell’Olio, Presidente onorario
Da TEATRO NATURALE