Gene4olive, alla ricerca di nuove varietà per l’olivicoltura di domani

News  14 Novembre 2020



Un interessante articolo di Matteo Giusti su Agronotizie da leggere.

L’olivicoltura del futuro, anche di un futuro molto vicino, ha bisogno di varietà adatte, sia per far fronte alle condizioni ambientali e climatiche in continuo cambiamento, sia per affrontare le nuove emergenze fitosanitarie, prima tra tutte la Xylella fastidiosa. E per cercare di selezionare queste varietà è partito ad ottobre un progetto di ricerca internazionale, dal titolo ‘Mobilizzazione delle risorse genetiche dell’olivo attraverso attività di pre-selezione per affrontare le sfide future e sviluppare una interfaccia intelligente per assicurare la disponibilità di informazioni affidabili per gli utenti finali’ (Gene4olive), che vede coinvolti sedici enti di ricerca sparsi tra Ue, Marocco e Turchia, che andrà avanti fino a giugno del 2024.  Per farci spiegare cosa verrà fatto e come abbiamo intervistato Enzo Perri della sede di Rende del Centro di ricerca olivicoltura, frutticoltura ed agrumicoltura, che coordinerà i lavori dei ricercatori italiani del Crea.

Enzo Perri, cosa sarà fatto in questo progetto?
“Recentemente la Commissione europea ha approvato e finanziato il progetto europeo Gene4olive, che vede coinvolti sedici partner, tra enti di ricerca ed università, soprattutto europee, ma che comprende anche istituzioni di ricerca della Turchia e del Marocco. Il progetto prevede lo sviluppo di protocolli comuni per caratterizzare la resilienza di diversi genotipi dell’olivo alle condizioni climatiche estreme, la loro resistenza ai parassiti e alle malattie più importanti e lo studio dei tratti agronomici più significativi. Inoltre, saranno definiti protocolli ottimali e replicabili per l’analisi della qualità dell’olio di oliva (composti fenolici, acidi grassi e composti volatili) al fine di caratterizzare la qualità merceologica, nutrizionale e salutistica delle numerose varietà presenti nelle cinque collezioni internazionali dei partner del progetto”.

Quali sono i partecipanti?
“I sedici partecipanti sono i seguenti: University of Cordoba (Spagna, che coordina il progetto); Hellenic agricultural organisation ‘Dimitra’, Institute of olive tree and subtropical plants, Demeter (Grecia); Olive research institute, ministry of Agriculture and forestry, Izmir, (Turchia); Santa Cruz ingenieria Sl Sci (Spagna); Institut national de la recherche agronomique, Centre regional de Marrakech, Inra (Marocco); Technological corporation of Andalusia foundation (Spagna); Gálvez productos agroquímicos, Slu Galpagro (Spagna); Cámbrico biotech, Sl Cambrico, (Spagna); Hellenic union of nurseries Efe (Grecia); Crea Centro di ricerca olivicoltura, frutticoltura ed agrumicoltura (Italia); Focos GbR Fcoso (Germania); Ankara Universitesi Anku (Turchia); University of Granada Ugr (Spagna); University of Jaen Uja (Spagna); Università di Roma ‘La Sapienza’ (Italia); Centre national de la recherche scientifique Cnrs (Francia)”.

Di cosa si occuperà il Crea?
“Il Crea, attraverso la sua sede di Rende del Centro di ricerca olivicoltura, frutticoltura ed agrumicoltura, parteciperà a tutti gli obiettivi e a tutte le azioni del progetto con il suo team multidisciplinare di ricercatori. Sono previsti test di tolleranza/resistenza nei confronti dei principali nemici dell’olivo: Xylella fastidiosa, Verticillium dahliae, Bactrocera oleae; ma anche prove di resistenza agli stress abiotici, in particolare, alla siccità e alle gelate. In particolare, il Crea è task leader delle prove di tolleranza/resistenza dei genotipi di olivo al batterio Xylella fastidiosa, che sta causando danni inestimabili all’olivicoltura della Puglia e che minaccia di estendersi ad altre regioni italiane. Pertanto, compito del Crea sarà quello di saggiare mediante inoculo presso l’azienda Crea di Monteroni di Lecce più di quattrocento genotipi, parte italiani, della collezione del Crea, sede di Rende, parte stranieri”.

Che tipo di varietà saranno saggiate?
“Saranno testate 155 varietà della collezione del Crea, la maggior parte italiane, alcune comuni alle cinque collezioni internazionali, e più di trecento genotipi di olivo provenienti dalle altre collezioni”.

Oltre alla selezione di materiale esistente, ci saranno anche dei programmi di miglioramento genetico?
Purtroppo no, in quanto il miglioramento genetico dell’olivo richiede tempi molto lunghi e non può essere perseguito come obiettivo in questo progetto quadriennale. Saranno però utilizzati anche nuovi genotipi, ottenuti da incrocio controllato effettuato negli anni passati da alcuni partner e approfondita la conoscenza elaiografica, cioè, morfo-bio-agronomica e molecolare, del germoplasma in collezione e wild”.

Riguardo alla resistenza alla Xylella fastidiosa si è parlato molto della cultivar FS17, la cosiddetta Favolosa, ma in Italia anche la varietà Leccino sembra aver dato buoni risultati, quale è la situazione?
“Attualmente sono stati riportati risultati interessanti solo per le varietà Leccino e FS17. Si tratterebbe, però, più di tolleranza che di vera resistenza. Per questo è importante scoprire e selezionare nuovi genotipi tolleranti/resistenti per ampliare la scelta varietale, ai fini della realizzazione di nuovi impianti intensivi e super intensivi, indispensabili per salvaguardare e ricostituire il paesaggio olivicolo e garantire il reddito degli olivicoltori. L’individuazione di genotipi tolleranti o resistenti deve tener conto anche della loro produttività e della qualità degli oli ottenuti, privilegiando soprattutto varietà autoctone e nazionali, che possano caratterizzare e valorizzare i territori d’origine. Tutto ciò per rilanciare la filiera olivicolo-olearia italiana dai vivaisti, agli olivicoltori fino alla tutela dei consumatori”.

Quali risultati si spera di ottenere alla fine di questo progetto?
Individuare nuove varietà resistenti o tolleranti ai principali patogeni dell’olivo Xylella fastidiosa e Verticillium dahliae, comprendere meglio i meccanismi di preferenza ovidepositiva della mosca delle olive Bactrocera oleae rispetto alle diverse varietà, individuare i genotipi più resistenti alla siccità e alle gelate, anche in un’ottica di resilienza ai cambiamenti climatici”.