Il verde Molise, la porta che apre al domani
Ricordo quando, seconda metà degli anni ’90, sono rientrato nel Molise dalla Toscana e dal mondo che ho girato in lungo e in largo, e, da eletto, a far parte dell’Assemblea legislativa, il Consiglio regionale, l’assise che approva le leggi e la programmazione di un territorio. Nel caso del Molise , un territorio contrassegnato da una ricca biodiversità, ancora diffusa ruralità, e, un patrimonio molto interessante di prodotti tipici, cioè di prodotti riconosciuti tali dalla storia, nel momento in cui lo sono da almeno da 25 anni. Ben 151 dei quasi 5mila riconosciuti in Italia. Un patrimonio enorme che sta a indicare la qualità, e, in più, anche la diversità, che il territorio esprime e lo fa con il contributo prezioso del mondo contadino e pastorale, rappresentato dal cuore grande e dalle mani abili delle donne e degli uomini di questa mia terra, che racconta il culto dell’ospitalità. Il Molise ha tutto, anche se poco per la sua estensione , solo 4.440 Km², un dato che lo pone davanti solo alla Valle d’Aosta, però, con due elementi importanti in più, le diffuse colline e un tratto di mare. Un territorio di territori, quindi, che mi portano ad affermare che è il Molise la Regione più rappresentativa di quel patrimonio culturale dell’umanità, la Dieta mediterranea, uno stile di vita oltre che un’alimentazione salutare e ricca di bontà. Il mio rientro 25 anni fa, con il neoliberismo che aveva preso la rincorsa e avvolto tutti in una nebbia fitta, rendendo sempre più le persone ombre di un mondo esasperato dal consumismo sfrenato. Una nebbia che il coronavirus, con le sue improvvise e tremende paure e con le sue tragedie, ha dipanato in un colpo solo, mostrando la normalità non più sostenibile – segnata da impotenza, prima ancora che da dolore per il numero alto di morti – a partire dal quadro della sanità pubblica ridotta in frantumi dall’avidità del privato. In quel tempo, seconda metà degli anni ’90, parlavo, soprattutto ai miei colleghi, della fortuna del Molise per i tanti segni di legame e continuità con il passato, la sua “arretratezza”, nei confronti di realtà che vivevano in pieno il mito del progresso e dello sviluppo, rappresentato da città, strade, case, negozi, sempre più grandi, cioè dallo spreco enorme di quel bene comune, il territorio, il solo grande tesoro che abbiamo. Milioni di ettari di suolo fertile trasformati in cemento e asfalto. Milioni e milioni di tonnellate di cibo buttati, grazie ai supermercati e ai grandi centri commerciali, in faccia ai tanti, soprattutto bambini, che hanno bisogno di un pezzo di pane. Un’arretratezza, rappresentata non solo dal primato della ruralità e della biodiversità, ma anche dalla bellezza dei paesaggi, dalla ricchezza di acque cristalline, potabili; dalla lunga storia della terra dell’Homo Aeserniensis, dei Sanniti e dei Frentani; da mille splendide tradizioni, la gran parte singolari; da una gastronomia ancora ispirata dall’orto e dal piccolo campo coltivato con semi antichi di grano, farro o mais; dalle piccole stalle, con animali che vanno al pascolo o che hanno il tempo e il modo di affezionarsi a chi, in una stalla, li dà da mangiare e li cura; da tanti vini e tanti oli, con la Tintilia e la Gentile di Larino a tirare le rispettive file. Quell’arretratezza, oggi appare – ai più, non solo a me e a pochi altri – come l’opportunità che, grazie alle nuove generazioni, prepara il Molise a vivere un nuovo domani. Si tratta solo di pensare e lavorare per un’idea-progetto, possibile da realizzare, qual è quello di coniugare, come all’inizio si diceva, due politiche di grande attualità: la sanità e l’agricoltura, quest’ultima nella sua espressione più ampia di zootecnia e forestazione. Per quanto riguarda la sanità, il Molise, ha la disponibilità di strutture, anche d’avanguardia, che sono solo da utilizzare, già pronte per ospitare eccellenze capaci di dare risposte ai bisogni di salute dei cittadini molisani, e, non solo, a quanti vogliono vivere il Molise e i frutti della sua arretratezza. Lo stesso vale per l’agricoltura, l’attività primaria del Molise, che deve produrre cibo solo grazie alla fertilità del suolo e, non più, della chimica e le possenti macchine, che, insieme, hanno nutrito le multinazionali, fino a farle abbuffare, e impoverito il mondo contadino, con molti produttori che hanno abbondato il proprio campo. La fortuna del Molise, in pratica, è tutta raccolta nel suo territorio, visto che è in grado di offrire e garantire salute e benessere. Un Molise così è solo da raccontare, però, non a quelli che lo vogliono solo attraversare, ma a chi ha bisogno di viverlo settimane, mesi; godere la rinascita e la nuova normalità, che è quella di un dialogo tra le persone e, ancor più, con la natura, la campagna, che il Molise ha. La fortuna di avere, dei 136 paesi sparsi sul suo territorio, ben 125 abitati da un centinaio di persone, al massimo da qualche migliaia, che, se recuperati, sono in grado di dare spazio e forza ad altre attività, come il commercio, l’artigianato, il turismo. Un insieme in grado di far vivere le esperienze proprie di una campagna che ha nel verde il suo valore aggiunto, il verde Molise.
Pasquale di Lena – ideatore e promotore delle Città dell’Olio