Per una Terra malata la cura è nei valori e nelle risorse del territorio

Il Punto  14 Settembre 2018



Gli ultimi decenni, dopo millenni di storia e di cultura con l’uomo grande protagonista, sotto l’avanzare e la spinta della globalizzazione, un processo tutto nelle mani di chi ha come unico obiettivo quello di accumulare denaro, avere il profitto per il profitto,  hanno mostrato che le regole nelle mani di questi uomini sono un vero e proprio fallimento, contro la Terra e i suoi abitanti. Da qui – viene subito da dire – la necessità urgente d ridare spazio a quelle della natura, che salvo casi eccezionali, hanno come ordine il rispetto reciproco. 

La Terra è da tempo che lancia il suo grido di allarme, non ce la fa più, tant’è che, quest’anno, il primo di agosto, Earth Overshoot Day (il giorno del supersfruttamento della terra),  ha dato tutto quello che poteva dare.  Andando avanti così, quando questo suo dare tutto quello che ha accadrà il 31 di Dicembre, ci sarà bisogna di una seconda terra, un nuovo globo.  Una nuova Terra, un nuovo globo, che, come tutti sanno, non c’è.

Un processo a perdere, contro la natura e noi che, insieme con le piante e gli animali, ne siamo parte. Un processo che dimostra la follia distruttiva del sistema, il neocapitalismo o neoliberismo, che lo governa con l’aiuto dell’unico dio che adora, il denaro. Non sono bastate le crisi ricorrenti, dopo quella del 2007/8, a far capire la necessità di una grande virata per non andare incontro a nuovi sicuri disastri

Si sa che non è facile, se non impossibile, far capire a chi arraffa tutto, e tutto distrugge, solo per il denaro, che c’è un limite a tutto e che anche la Terra è finita. Soprattutto quando non c’è più (la politica) chi avrebbe il compito di far ragionare e trovare insieme le giuste rotte da navigare. 

Spetta a chi subisce e paga duramente questa dittatura dei consumi e dello spreco ripristinare il valore della sobrietà e quello del rispetto del territorio, il grande bene comune, se la vogliamo avere questa nostra Terra, per amarla, però,  e non per distruggerla. Si tratta di organizzarsi, rimettere insieme gli strumenti utili allo scopo, ritrovare il senso del dialogo e della partecipazione, l’orgoglio di essere di parte, non per isolarsi, ma per far parte di un’idea, un progetto, un programma che ha come obiettivo il ripristino delle regole e il controllo delle stesse.

La prima regola è quella della sobrietà, della moderazione. L’antidoto più efficace contro la follia distruttiva basata sull’esasperazione dei consumi, sia dei beni primari che di quelli voluttuari. Volendo fare solo riferimento al cibo, nelle società del benessere lungo il percorso che va dalla produzione al consumo finale, 1/3 del cibo prodotto diventa scarto, cioè viene buttato, sprecato. Si parla di 1,3 miliardi di tonnellate, non poco, con problemi anche di smaltimento. C’è da dire che 1/3 della produzione di gas serra è causata dalla produzione di cibo.

Ridare respiro alla Terra è un’urgente necessità per bloccare i processi – penso al clima – che hanno seri rischi di diventare irreversibili. Pensare anche, e non poco, alla terra-terreno e alla sua necessità di riposo, di dare sostanza organica per far vivere la fertilità all’insegna della sostenibilità, al ritorno alle rotazioni e avvicendamenti, che solo un’agricoltura contadina può assicurare con il rilancio della ruralità. Pensare, ancora, al cibo e ai 7,5 miliardi di donne e di uomini che oggi hanno bisogno di mangiare, e ai 9,6 miliardi di persone previste nel 2050.

E, ancora, pensare a una Terra  con sempre meno acqua, in particolare potabile, ferita con le mille e mille perforazioni e la fuoriuscita di gas, petrolio;  dalla perdita di milioni e milioni di ettari di foreste pluviali che spariscono ogni anno e con essi un patrimonio enorme di biodiversità e di comunità, con donne e uomini, che, derubati del proprio territorio e, come tale, della loro identità e dignità, diventano sbandati, migranti,  masse di persone.

Pensare a una Terra con i suoi mari e i suoi oceani liberi di plastica e di altri inquinanti che limitano ogni giorno e sempre più la biodiversità propria di questi ambienti, riducono a poca cosa la pesca.

E, soprattutto, pensare a una Terra ed ai suoi territori, alla ricchezza di storia e di cultura, di tradizioni, che essi esprimono; alla bellezza dei suoi ambienti e dei suoi paesaggi, straordinari valori, cibo speciale per l’anima; alla necessità dell’energia primaria, il cibo, ottenuta dall’agricoltura e dagli allevamenti, sapendo che la qualità è nell’origine, cioè nei territori, e che essa, nella totalità dei casi, non si concilia con la quantità.  I territori sono miniere d’oro, i soli tesori che abbiamo, beni comuni preziosi da utilizzare e spendere e non da sfruttare e distruggere, 

Si tratta di ripartire avendo l’accortezza di unire volontà politiche e tecniche innovative, essenziale per trasformare i sogni in progetti e programmi capaci di costruire un mondo con più pace e più stabilità e, in questo modo, in grado di riconciliare l’uomo con la natura.

Pasquale Di Lena – ideatore e promotore delle Città dell’Olio – Presidente onorario