Niente è ancora perso, se il Parlamento italiano esprime il suo NO al Ceta
Il trattato, Ceta, approvato lo scorso mercoledì e, in pratica, già operativo, può essere, però, cancellato dai 38 Parlamenti nazionali dei 28 stati membri dell’Unione europea. Questo passaggio, non previsto dall’Europa e imposto dalla rete con milioni di firme raccolte, è una vittoria della mobilitazione della società civile europea che, in questo modo, ha fatto sentire la propria voce, grazie a Avaaz in particolare. La stessa mobilitazione che deve servire per far dire No al Ceta al Parlamento italiano e a quelli dei rimanenti 27 Paesi dell’Europa.
Se l’approvazione del Ceta, il trattato Eruopa – Canada, per i suoi risvolti negativi riguardanti, il territorio, l’ambiente, i principi di solidarietà e di cooperazione, le disuguaglianze e i diritti, ha aperto una delle pagine più negative scritte dal Parlamento europeo, ci sono spiragli che fanno intravedere la luce e capire che niente è perduto. Si tratta del passaggio, per l’approvazione definitiva di questo trattato, ai Parlamenti nazionali, un successo della straordinaria mobilitazione da aggiungere a quello che ha visto aumentare, in modo significativo, il numero di parlamentari europei che hanno votato contro il Ceta.
Ora, però, per vincere definitivamente, è necessario raddoppiare gli sforzi di ognuno per:
- sensibilizzare il Parlamento italiano e mobilitarlo per una informazione corretta dei cittadini e non strumentale o propagandistica alla Renzi e i parlamentari europei del suo Pd;
- stimolare l’impegno delle forze che hanno votato contro il Ceta a Bruxelles (Verdi, Lista Tsipras, Lega, M5S, i rappresentanti della sinistra del Pd) per dar vita – possibilmente in pieno accordo e insieme – a campagne di sensibilizzazione e mobilitazione nel Paese;
- far venire allo scoperto quanti non ancora si sono espressi nel merito, come tanti rappresentanti delle istituzioni; organizzazioni impegnate nella difesa dell’ambiente e del paesaggio; dell’agricoltura e del mondo contadino; dell’enogastronomia di qualità; della legalità e della giustizia;
- convincere le centinaia, migliaia di associazioni, movimenti sparsi nel Paese, a mettere all’ordine del giorno del loro impegno anche quello di respingere il Ceta per rendere questa questione filo conduttore e rafforzamento di tutte le battaglie per la difesa de: il territorio e le sue fondamentali risorse, in primo luogo l’ambiente e il paesaggio; il cibo di qualità che esprime diversità; la salute; la giustizia e, soprattutto, la sovranità nazionale.
Si sa che, diversamente da quello che vogliono far credere i propagandisti di questi trattati, l’approvazione del Ceta (Comprehensive economic and travel agreement) dà alle multinazionali il potere (anche se in parte rivisto, esso rimane) di citare in giudizio i governi e minacciare le norme che proteggono il territorio, la salute pubblica e i diritti sociali.
In pratica, diventano prevalenti gli interessi di queste potenze, a scapito dell’interesse pubblico, del bene comune, della giustizia, del riconoscimento della qualità del cibo, espressa dal territorio e dall’agricoltura contadina. Il riconoscimento delle Indicazioni geografiche (Ig) Dop, Igp e Stg, frutto di un percorso – avviato nel 1991 con il Regolamento Ue n° 2081- che ha fatto salire sul podio più alto l’Italia dei mille territori e dei cinquemila prodotti tipici legati, almeno da 25 anni, alla tradizione.
Ben 814, i riconoscimenti Dop e Igp italiani, riguardanti alimenti e vini insieme, su i 2959 dei 28 Stati membri della Ue. Come dire che il 36% delle Dop, Igp e Stg di ventisette Paesi europei sono espressione dei territori italiani, un dato che dovrebbe toccare l’orgoglio di ogni italiano, ma visto il risultato di mercoledì scorso a Bruxelles, e il voto favorevole Ceta, fa dire che non è così.
Un primato mondiale conquistato con l’intelligenza e l’impegno dei produttori e delle loro organizzazioni, di enti e istituzioni, che il Ceta, con la soddisfazione dell’ex Ministro dell’Agricoltura e l’applauso dell’industria agroalimentare italiano, ha ridotto a 140 prodotti in tutto, di cui appena 41 quelli italiani. Ricordo che, che lo scorso anno, anche l’attuale Ministro dell’Agricoltura, Martina, per giustificare il suo assenso al Ceta e al Ttip, si è dichiarato soddisfatto del possibile riconoscimento di 25 prodotti, dopo aver affermato, non a caso a Parma, la capitale, con le maggiori industrie presenti, dell’agroalimentare italiano, che lui era sì il Ministro dell’Agricoltura, ma che aveva ben presente anche le esigenze dell’industria.
Ed ecco come un percorso, quello delle Indicazioni geografiche, faticoso ma esaltante, che ha fatto tagliare traguardi importanti all’Europa ed ha dato al nostro Paese un primato mondiale, vengono stracciati dal Parlamento europeo, che aveva il compito di difenderli visto che, nel corso del tempo, li aveva approvati.
Succede quando a guardia del pollaio si mettono le volpi, che le lobby, con tanta pazienza, hanno ben ammaestrato! E questo nel momento in cui il glocale ha tutto per essere protagonista del globale, e, così, imporre ai governi e alle multinazionali, ai produttori e ai trasformatori, la regola del confronto al posto di quella basata sulla forza, la prepotenza, la prevaricazione.
La regola che porta a dire “NO al Ceta, No al Ttip”, e, soprattutto, “NO Protezionismi, NO Privilegi delle Multinazionali, SI al Commercio libero e equo”per una vera globalizzazione che, solo così, ha tutte le possibilità di offrire vantaggi per tutti, dare respiro al clima e al globo, far sognare il domani.
Chiudo con pensiero ai socialdemocratici o popolari, i cosiddetti progressisti, riformisti, ma, in verità neoliberisti, che hanno espresso – nel momento in cui c’è urgente bisogno di solidarietà e cooperazione – il loro voto favorevole, non rendendosi conto che, abdicando al loro ruolo di garanti della Costituzione; dei diritti; del bene comune, ambiente e paesaggio in particolare, hanno, prima di tutto, tradito se stessi.
Le azioni che servono per impegnare il Parlamento a prendere iniziative e quelle atte a coinvolgere gli italiani a manifestare perché il Parlamento italiano trasmetta a quello europeo il No al Ceta, devono servire soprattutto a far ragionare i progressisti se si vuole avere certezza di questo risultato.
Pasquale Di Lena – ideatore e promotore delle Città dell’Olio – Presidente onorario