Paesaggio olivicolo e rurale risorsa di cui prenderci cura. L’intervista a Cristiano Erriu.

News  07 Dicembre 2016



Dal disegno di legge per proteggere e valorizzare il paesaggio rurale della Regione Sardegna alla tappa finale di Girolio d’Italia ad Alghero. Dal Meilogu, caso esemplare di convivenza tra l’Uomo e la Natura alla panificazione di nuovi interventi per evitare lo spopolamento e l’abbandono dei terreni e di misure di sviluppo e posizionamento sul mercato dei produttori locali. Se ne parla con l’assessore degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica della Regione Sardegna Cristiano Erriu aspettando il 9, 10 e 11 dicembre in cui si terrà Girolio d’Italia la grande manifestazione dedicata all’extravergine che porterà in Sardegna anche l’Assemblea Nazionale delle Città dell’Olio e il progetto pilota della Scuola Quadri di Alta Formazione rivolta agli amministratori.sui temi dell’olio.

Assessore Erriu, lei ha lanciato la proposta di un disegno di legge per proteggere e valorizzare paesaggio rurale della sua Regione. Perchè? 

La Sardegna è una regione scarsamente popolata con la maggior parte del proprio territorio ancora caratterizzata da paesaggi a bassissima antropizzazione ma non più integralmente ‘naturali’. Questa realtà rappresenta, da una parte, una grande risorsa potenziale, dall’altra espone quegli stessi paesaggi al rischio di abbandono e di incuria, se non curati e finalizzati a quelle attività che allo stesso tempo ne garantiscono la qualità ambientale e sono fonte di ricchezza per le comunità che ne hanno cura, in particolare considerando quanto sia importante, e quanto resti ancora da fare, perché l’agricoltura costituisca una voce determinante dell’economia isolana. La stessa Costituzione italiana mette insieme il principio della tutela del paesaggio e la necessità di un razionale sfruttamento del suolo. Questa non deve in alcun modo apparire come una contraddizione in quanto, come scriveva Emilio Sereni in un suo saggio, “paesaggio agrario significa […] quella forma che l’uomo nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale”. Da questo consegue  la necessità di introdurre delle norme che consentano lo sviluppo in senso moderno delle attività agricole, senza che vengano snaturate, da usi impropri, le qualità e le peculiarità del paesaggio rurale.

Il grande tema da affrontare in che modo uomo e paesaggio possono non solo convivere ma dialogare. Il “caso Meilogu” può costituire un modello da seguire?

Fatti salvi casi particolari di naturalità vergine, il paesaggio è tale proprio per la presenza dell’uomo, per la sua capacità di abitarlo, di leggerlo e di riconoscersi in esso. Il paesaggio non è una banale tautologia ma è l’insieme delle complesse relazioni materiali e immateriali tra l’uomo e la natura. Non tener conto di questo, immaginare il paesaggio rurale come una risorsa sterile, puramente percettiva, da tutelare come una cartolina, condurrebbe a condannarlo a morte certa, anche sotto il profilo di un godimento estetico insostenibile. Quello del Meilogu, con l’intervento dell’Agenzia regionale Forestas,  rappresenta un caso esemplare di convivenza attiva tra l’Uomo e la Natura, di pratiche virtuose di manutenzione e ripristino di condizioni originarie. Quel paesaggio è formato dall’interazione tra caratteri originari e interventi antropici che si valorizzano reciprocamente. Rimane ancora molto da fare sul fronte della qualità dei manufatti recenti, non sempre all’altezza del valore naturalistico dei luoghi, e di una integrazione tra l’attività agrozootecnica e la fruizione del patrimonio archeologico e ambientale. La stessa attività agrozootecnica è suscettibile di aggiornamenti che, nel rispetto del carattere e delle vocazioni dei luoghi, favoriscano quei ritorni economici che sono la risposta più efficace allo spopolamento dei territori rurali. E’ fondamentale, però, avere bene a mente la capillare diversità dei territori sardi, che richiede interventi specifici e costruiti su una approfondita conoscenza delle specificità. Mi piace segnalare, a questo proposito, la conclusione della ricerca sui Paesaggi rurali in Sardegna, promossa dal mio Assessorato,  che, dopo la verifica dei risultati raggiunti, costituirà un utilissimo strumento per la pianificazione.

Lei ha parlato di una “piccola rivoluzione”. Quali sono le nuove regole chiare che introdurrebbe il disegno di legge se fosse approvato? 

A tutt’oggi le norme che hanno regolato i territori rurali non hanno tenuto conto di quelle  specificità a cui mi riferivo prima. La ‘rivoluzione’ consisterà nell’introdurre norme costruite sulle caratteristiche e sulle vocazioni dei suoli, in modo tale da non costituire un vincolo astratto, troppo restrittivo in alcuni casi e troppo permissivo in altri, ma uno strumento che garantisca risposte alle effettive necessità delle attività agricole, silvicole e zootecniche.

Lei ha detto chiaramente però che da sole le regole non bastano. Servono politiche di sviluppo. Quali sono gli scenari possibili?

Il comparto agroalimentare costituisce oggi uno scenario naturale per le caratteristiche di qualità e di biodiversità dei nostri territori. Si richiede però un grande sforzo di modernizzazione sostenibile e rispettosa dell’ambiente di queste attività, che utilizzi le più recenti tecnologie, e non solo  nelle forme più direttamente legate alla produzione, ma anche nella commercializzazione, nella comunicazione e nell’organizzazione aziendale. Le aziende di eccellenza, per esempio, hanno necessità di poter comunicare in tempo reale con i mercati più lontani e più remunerativi, mentre oggi spesso non riescono neppure a disporre di un adeguato accesso alla Rete. E’ di primaria importanza, inoltre, aiutare i produttori agroalimentari sardi a presentarsi sui mercati nazionali e internazionali come una entità omogenea e affidabile. Infine, risulta decisiva la capacità e l’adeguatezza dei territori a proporre un’offerta integrata in cui produzioni agroalimentari, artigianato tipico e locale, turismo sostenibile rappresentino facce di un prisma in grado di consentire alle imprese di competere nel mercato globale e ai territori di crescere nel rispetto delle vocazioni e delle tradizioni veri asset non riproducibili da preservare assolutamente.

Un altro annoso problema è lo spopolamento dei piccoli centri, a quali soluzioni sta pensando la Regione?

Le principali cause di spopolamento dei piccoli centri sono da individuarsi nella difficoltà di disporre di un reddito adeguato e nella carenza di servizi ai cittadini, sempre più difficili da mettere a disposizione, tanto più lo spopolamento li rende economicamente insostenibili.

Una politica di rilancio delle attività agricole e zootecniche costituisce la risposta più congeniale ai territori dei piccoli centri e già si riscontra un nuovo interesse da parte delle giovani generazioni a queste attività. E’ evidente che questa tendenza vada sostenuta offrendo nei piccoli centri servizi, materiali e immateriali, e qualità della vita adeguata alle aspettative di cittadini del ventunesimo secolo.

Ad Alghero in occasione di Girolio tappa finale ci sarà un convegno molto importante quali saranno i temi al centro della sua riflessione?
La Sardegna, quasi dieci anni ha fatto da battistrada nella approvazione del piano paesaggistico regionale subito dopo l’approvazione del codice Urbani. Esso è stato limitato però ai soli ambiti costieri. Ora si tratta di lavorare per integrare il lavoro fatto con un altro importante obiettivo che è quello di sviluppare la riflessione che ci porterà alla definizione di un piano paesaggistico per le zone interne. Il cuore della riflessione verterà sulla necessità di costruire un modello efficace di governo delle aree rurali. Un modello che assicuri la conservazione, il recupero e la valorizzazione degli aspetti e caratteri del paesaggio ma che, nel rispetto delle esigenze di tutela consideri anche finalità di sviluppo territoriale sostenibile. Un modello capace di coniugare tutela e sviluppo. E’ una sfida che riguarda tutti, la Sardegna e quello che noi sardi definiamo il “Continente”, sfida gli amministratori locali e i decisori pubblici, sfida le imprese e, in definitiva tutti i cittadini. La tradizione produttiva e il paesaggio sono elementi caratterizzanti del made in Italy e dobbiamo però attualizzarli e proiettarli nel futuro. La tradizione, a cui tutti noi siamo affezionati, non è custodire la cenere ma tenere vivo il fuoco.
La conservazione del paesaggio olivicolo sta per diventare sempre più priorità nell’agenda politica delle Regioni, quali  strumenti e strategie per la tutela e la valorizzazione di questo patrimonio si possono adottare?

Il paesaggio olivicolo è  parte essenziale dei paesaggi agrari italiani. Noi sappiamo bene che da tempo che in Italia si fa un consumo eccessivo di suolo per finalità non agricole e sappiamo anche che vi è chi pensa che lo sviluppo dell’agricoltura italiana passi attraverso lo sviluppo di pratiche agricole di tipo industriale. Queste due prospettive comportano altrettanti problemi. L’eccessivo consumo di suolo agricolo impoverisce una delle potenzialità più rilevanti della società e delle economie locali del nostro paese. Mi riferisco alle potenzialità economiche derivanti dalle produzioni agricole distintive e al rapporto tra produzione agricola ed enogastronomia.  A sua volta un uso indiscriminato e irrazionale delle pratiche agricole di tipo industriale rischia di snaturare le vocazioni specifiche dei territori. Sta tutta qui la necessità di una rinnovata attenzione dei decisori pubblici su questi temi e l’urgenza di una focalizzazione da parte delle Regioni. Nella distinzione tra economia dei flussi ed economia dei luoghi, il vantaggio competitivo delle realtà rurali italiane dipenderà tutto dalla capacità di valorizzare le specificità dell’economia dei luoghi. Del resto sappiamo molto bene che le preferenze dei consumatori si indirizzano sempre più verso la produzione agricola strettamente connesse al territorio. Se questi sono i temi condivisi, la nostra agenda politica dovrà coerentemente prenderne atto e lavorare alla approvazione di norme efficaci, all’elaborazione di nuovi strumenti di pianificazione, all’individuazione di risorse economiche a ciò indirizzate, all’attivazione di progetti di cooperazione e di collaborazione tra i diversi livelli istituzionali coinvolti. In questa direzione, l’iniziativa dell’Associazione Nazionale delle Città dell’olio rappresenta un’opportunità da cogliere con apertura e disponibilità