I pani dolci
SETTIMANA NAZIONALE DEI PANI DOLCI
Ambasciatrice Marina Della Pasqua per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
I Pani dolci sono semplici impasti lievitati a cui vengono aggiunti canditi, frutta secca e spezie. Ecco che quello che è considerato un alimento comune si trasforma in un cibo della festa, che va ad impreziosire le tavole delle occasioni. Un meccanismo semplice che rende un prodotto legato alla quotidianità qualcosa di speciale.
In epoca romana il primo Pane dolce che viene citato è il panis artolaganus, consumato durante i digiuni rituali. Era confezionato con farina sceltissima, impastata con miele, vino, olio, frutta candita ed abbondante pepe nero in grani. Questi tipi di pane, nel mondo romano, erano legati anche alle celebrazioni del periodo invernale, i Saturnalia e le feste in onore del dio Sole, in occasione del solstizio d’inverno.
Sarà a partire dal XII secolo che i Pani dolci cominceranno a rivestire un ruolo importante e riconosciuto anche grazie al diffondersi della moda di impiegare le spezie in cucina.
Nelle cucine delle corti insieme alla frutta secca, allo strutto, alle acque aromatizzate e al miele, ad impreziosire questi pani arrivano le spezie: la cannella, lo zenzero, i chiodi di garofano o la noce moscata insieme al più noto pepe nero, droghe rare e costose il cui utilizzo era chiaramente riservato alle classi agiate e che dimostravano l’agio e il lusso a cui i signori medievali potevano aspirare.
I Pani dolci venivano preparati nelle botteghe degli speziali, nei conventi o nelle cucine di corte e prendevano nomi molto simili: pan di spezie, panon, pan d’oro, pan giallo. In ogni territorio si afferma così un tipo di pane “straordinario”. Questi pani, in particolare, erano riservati alle festività natalizie, rivestendo per questa occasione un particolare significato simbolico: farciti di semi, canditi ed uvette erano un augurio di fertilità e di ricchezza, doni da condividere e regalare, preparati con cura.
Arricchire il pane non era esclusiva prerogativa della nobiltà, anzi; la possibilità, seppur rara e legata a precise ricorrenze, di “impreziosire” una preparazione semplice come il pane con alcuni ingredienti dolci era possibile anche nella classe meno abbienti: “Dunque i pani natalizi, come tutti i pani dolci, rappresentano nell’immaginario collettivo una creazione della cultura popolare, quasi una variante povera (perché basata sul pane) del trionfo del dolce nella cucina aristocratica, nei secoli del tardo Medioevo e della prima Età moderna. La cucina dolce rimase a lungo un privilegio per pochi, ma un po’ di zucchero, o eventualmente di miele, non mancò di arricchire anche la cucina semplice. Ciò avvenne con parsimonia, non su tutte le vivande, non tutti i giorni: negli ambienti popolari fu il pane quotidiano a essere trasformato, di quando in quando, in pane della festa”. ( M. Montanari).
A proposito della preparazione di Pani dolci in occasione delle festività natalizie, l’autore Sergio Rossi, nell’introdurre il Pandolce Genovese, riporta la testimonianza del bolognese Vincenzo Tanara che nel 1644 spiega: “I nostri contadini con minor spesa impastano la farina con lievito, sale, e acqua, over acqua melata, incorporando dentro uva secce, e zucca condita con mele (Miele N.d.A.), aggiuntovi pepe, e ne fanno una pagnotta grossa, quale chiamano Pan di Natale” (Vincenzo Tanara, L’economia del cittadino in villa – Bologna, 1644).
Nella categoria “pani dolci” rientrano preparazioni che contengono più o meno gli stessi ingredienti ma che nelle diverse regioni italiane si sviluppano con nomi differenti e varianti locali.
Tra tutti i Pani dolci è importante ricordare il Pandolce genovese, che riporta nel nome la sintesi di tutti i pani arricchiti. Dolce principe delle pasticceria genovese, riassume nella sua preparazione i pani dolci delle feste natalizie: crescente (pasta lievitata), zucchero, uvetta, acqua di fiori d’arancio, semi di finocchio e pinoli.
Ma sono davvero tanti i Pani dolci natalizi che caratterizzano la penisola; di sicuro va precisato che nella categoria rientrino anche i pani che non sono destinati alla lievitazione, ma che condividono con i precedenti gli ingredienti “speciali” che vanno ad arricchire il semplice pane quotidiano e che conservano nel nome il riferimento al pane, uno per tutti il Panforte senese.
Per questo motivo ho scelto di riportare qui di seguito un semplice e non esaustivo elenco di Pani dolci, lievitati e non, che fanno parte della tradizione gastronomica italiana, tralasciando deliberatamente i due protagonisti indiscussi del nostro Natale, il Panettone e il Pandoro, celebrati nelle loro rispettive Giornate nazionali.
Ecco un piccolo assaggio dei Pani dolci natalizi più caratteristici.
Nadalin
Questo dolce veneto risale al 1260, realizzato in onore degli Scaligeri i quali, secondo la leggenda, incaricarono un pasticcere di realizzare un dolce natalizio per celebrare il loro primo Natale a Verona. L’artigiano si ispirò al Pan de oro, un dolce conico noto ai nobili veneziani, che per l’occasione veniva rivestito da foglie d’oro. Antenato del più conosciuto Pandoro, il Nadalin ancora oggi viene preparato dai fornai, sempre a forma di stella e a pasta gialla, ma più basso e meno soffice del cugino più nobile e famoso.
Pan Giallo
Un dolce tradizionale romano a base di frutta secca, miele e canditi di frutta. Si fa risalire alla Roma imperiale quando mangiare e regalare dolci dorati in occasione del solstizio d’inverno era di buon augurio, durante la festa del Sole Vincitore. In epoca antica il colore dorato era dato con una spennellata di tuorlo d’uovo; oggi si usa più spesso una glassa di zafferano.
Panone
Questo dolce bolognese, insieme al più noto Certosino, è tipico delle festività natalizie. Si tratta di una torta lievitata decorata con canditi e realizzata con il cacao e la frutta secca. Di solito prodotto in forma rettangolare e meno ricco di ingredienti del suo conterraneo e per questo attribuito dalla tradizione popolare ai contadini bolognesi che lo portavano a cuocere nel forno a legna del paese.
Pane Certosino
Un dolce a lunga conservazione a base di frutta secca e canditi. Secondo alcune fonti la ricetta sarebbe nata con la denominazione di pan speziale, che divenne Certosino quando la sua preparazione passò in mano ai frati Certosini di Bologna. Questo è il dolce del Natale bolognese e, per poterlo gustare al meglio, si consigliava la preparazione un mese prima della festività.
Panpepato/Pampepato/Pan papato
Presente con diverse varianti in tutto il centro Italia, questo dolce dalla forma rotonda e dal gusto speziato sembra avere origine dal melatello, un dolce semplice a base di farina e acqua melata (acqua usata per risciacquare i contenitori del miele) e aromatizzato da pepe nero. Nel corso dei secoli si è arricchito di spezie e la fonte più antica a cui far risalire questa preparazione la colloca nel 1465, con riferimento alla corte estense.
Frustingo/Frestingo/Frostenga
Il Frustingo è un dolce tipico marchigiano conosciuto anche come pizza de Natà. Il nome deriva da frusto (pezzetto), nel senso di misero. Alla base della ricetta ci sono i fichi secchi, uno degli elementi distintivi della pasticceria nelle Marche. Ha l’aspetto di una torta bassa e compatta, di colore scuro e particolarmente aromatica. Plinio, nella Naturalis Historia, parla di un panis picentinus composto da cereali, miele, olio d’oliva e frutta secca, considerato da alcuni il primogenitore dell’attuale Frustingo.
Panforte
La ricetta di questo aristocratico dolce senese prende forma nel XII secolo, grazie ai pani speziati a base di miele riportati da Nicolò Salimbeni. La ricetta iniziale prevedeva farina, miele, frutta fresca cotta e spezie. La presenza della frutta faceva inacidire l’impasto e da qui il nome: panforte. Già nel 1370 era conosciuto oltre i confini senesi; a Venezia veniva regalato per le festività natalizie. La ricetta col tempo subì delle variazioni; per conservarlo più a lungo si è iniziato a sostituire la frutta cotta con quella candita e il pepe è stato eliminato a favore di zucchero a velo e cioccolato.
Bisciola
Bisciola o pan di fich, versione valtellinese e rustica del Panettone. Preparato con un impasto lievitato di farina di grano e segale (in origine anche grano saraceno) con fichi, uvetta e semi oleosi.
Pane del Vescovo
Questo dolce tipico della zona di Viterbo è chiamato così poiché, in occasione del Natale, era tradizione regalarlo al Vescovo. Si tratta di una preparazione a base di nocciole e uvetta sultanina.
Per la foto del Nadalin si ringrazia Cinzia Martellini Cortella
Bibliografia:
A.A. V.V., I dolci delle feste, Milano, Touring Ed. 2004
Baldini E., La sacra tavola, Bologna, Pendragon, 2003
Capasso L., Esposito G., Gli aristopiatti, Milano, Guido Tommasi ed., 2015
Dosi A., Schnell F., Le abitudini alimentari dei Romani, Roma, Ed. Quasar, 1986
Lomazzi G., Il grande libro dei dolci, Milano, Ponte alle Grazie, 2011
Montanari M., Il riposo della polpetta e altre storie intorno al cibo, Laterza, 2010
Revelli Sorini A., Cutini S., Hasbun S. Tacuinum de’ dolci, Perugia, Ali&no ed., 2012
Rossi S., Pandolce Genovese, Genova, Sagep, 2011
Siti web:
www.wikipedia.org
www.taccuinistorici.it
Partecipano come contributors: