Tappi antirabocco? La cultura dell’olio è la strada maestra.
Partiamo da un presupposto: pretendere il tappo antirabbocco negli esercizi pubblici è un diritto dei consumatori. Ma usare oliere o bottiglie con tappo antirabbocco è anche un dovere degli esercenti pubblici. I ristoratori sono obbligati a rispettare la norma entrata in vigore quasi 2 anni fa con la legge “Salva Olio” che prevede per chi non lo fa, sanzioni salatissime che vanno da 1 a 8mila euro con relativa confisca del prodotto. Eppure da una indagine di Coldiretti presentata nel corso della Giornata nazionale dell’extravergine italiano è emerso che in Italia 3 ristoranti su 4 sono fuori legge poiché il 76% dei contenitori di olio presentati al consumatore non rispetta l’obbligo del tappo antirabbocco. Non solo. Se si analizza il dato nel dettaglio, la situazione è ancora più complicata di così. Scopriamo, infatti, che nel 33% dei casi sulla tavola al ristorante c’è un’oliera senza alcuna indicazione sul contenuto, nel 43% dei casi una bottiglia di olio con etichetta ma con tappo che permette il rabbocco, e solo nel 24% dei casi la bottiglia di olio ha etichetta e tappo antirabbocco come prescrive la legge. Se pensiamo però che gli italiani siano i soliti “furbetti”, questa volta ci sbagliamo di grosso. Perché in Spagna le cosa non vanno meglio. Qui l’utilizzo del tappo antirabbocco è obbligatorio dal 2014, a seguito di un regio decreto ma sono ancora pochi gli esercizi commerciali che si sono adeguati alla normativa. La maggior parte dei ristoranti e bar, secondo la denuncia di Asaja Jaen, riempie le bottiglie con olio d’oliva, quando non arricchisce la “miscela” con spicchi di aglio o altre spezie per conferire il tipico “sapore mediterraneo”. Ma come è possibile che tutto questo accada? Nell’ipotesi migliore gli esercenti e i ristoratori potrebbero non essere informati sulla legge in vigore e sui suoi effetti. Nell’ipotesi peggiore dovremmo fare i conti con la loro volontà di eluderla. La sensibilizzazione dell’esercente sull’opportunità e la convenienza di usare il tappo antirabbocco, è la strada maestra da percorrere. La cultura dell’olio ci mette al riparo da questo rischio, perché avere un approccio consapevole al prodotto, in termini di qualità e provenienza, induce il ristoratore a farne un uso corretto, nel rispetto del prodotto stesso e del consumatore e a vantaggio della sua stessa immagine.
Quello che serve, a nostro avviso, è una vera e propria campagna di sensibilizzazione e conoscenza del prodotto olio extra vergine. Questo è possibile solo educando i consumatori e quindi rendendoli consapevoli del prodotto che stanno assaggiando. Noi, come Associazione Nazionale Città dell’Olio, da anni realizziamo progetti educativi con le scuole primarie e con gli Istituti Professionali Agrari e Alberghieri, penso ad esempio ai progetti BIMBOIL e MASTEROIL, perché vogliamo diffondere le caratteristiche culturali, legate quindi alla nostra tradizione ma anche ad una corretta alimentazione, dell’olio extra vergine d’oliva, vero e proprio simbolo della dieta mediterranea.
Sicuramente i progetti e le risorse per portare aventi queste idee non mancano, a partire dal Piano Olivicolo nazionale passando per i PSR, ciò che ritengo necessario, a questo punto, è che il Ministro delle Politiche Agricole prenda in mano la situazione e si faccia promotore, in prima persona, di una campagna di sensibilizzazione che non riguardi solo i produttori, per quanto fondamentali e necessari, ma che veda coinvolti: il mondo degli Assaggiatori, dei Ristoratori, del Commercio e degli Enti Locali come presidianti del territorio, perché oltre a fare un ottimo prodotto e produrre di più dobbiamo far conoscere ed apprezzare quello che consumiamo.
Le disponibilità, economiche e progettuali, non mancano, bisogna solo sfruttarle.
Enrico LUPI