Il pesto alla genovese e le salse pestate

Food  12 Settembre 2016

GIORNATA NAZIONALE DEL PESTO GENOVESE E DELLE SALSE PESTATE

Ambasciatore Walter Zanirato per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar a cura dell’AIFB Associazione Italiana Food Blogger

Se parliamo di Pesto genovese, dobbiamo partire da molto lontano: se la ricetta è arrivata a noi nelle forme attuali, questo è avvenuto in seguito ad innumerevoli cambiamenti di tipo sociale, economico e culturale nel corso di numerosi secoli. Il pesto, infatti, appartiene alla grande famiglia delle Salse pestate, quelle cioè che richiedevano il mortaio, in legno o in terracotta o in pietra; nell’antica Roma l’utilizzo di quest’ultimo era diffusissimo per la preparazione del “Garum”, una particolare leccornia che consisteva in un mix d’interiora di pesce ed erbe aromatiche, e il “Moretum” una salsa a base di aglio in quantità, formaggio, svariate aromatiche, sale, olio e aceto. Tracce di quest’ultimo ci giungono nell’opera di Publio Virgilio Marone “MORETUM”(1), dove vengono descritti minuziosamente i gesti del contadino Simulus nel realizzare la salsa al formaggio, che veniva poi spalmata su focaccette di pane integrale. Eccolo dunque il predecessore del pesto, una salsa pestata a base di aglio.

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Le salse diffuse in questo periodo in tutto il bacino del Mediterraneo avevano la caratteristica di prevedere il taglio con vino, agreste o aceto ed erano salse amalgamate e non unte. Qualcuna decantava anche le erbe aromatiche fra gli ingredienti, ma le prime notizie del basilico risalgono ad un periodo più recente. Sebbene la pianta fosse stata importata dai Romani nel corso dei loro viaggi in Asia e in Grecia, l’Ocimum Basilicum (dal greco òkimon = basilico e basileus = re… cioè Erba Regale), re indiscusso del pesto genovese, venne accolto inizialmente con diffidenza: fu utilizzato per secoli come pianta ornamentale, in seguito come pianta medicinale, senza che mai venisse menzionato nei ricettari.

Possiamo anche affermare che se questa salsa si è sviluppata in Liguria lo deve anche al grande impiego delle erbe tipico della cucina di questa terra; è risaputo, infatti, che la nostra regione è la culla delle erbe aromatiche. All’origine di questa diffusione è il monopolio del mercato delle spezie detenuto da Venezia, acerrima nemica di Genova durante il Medioevo: il prezzo elevatissimo di questo prodotto, riservato alle tavole dei più ricchi, aveva quindi costretto i Liguri ad arrangiarsi con la coltivazione delle erbe, fra cui anche il basilico.

pesto5Tornando alla storia del pesto, l’antesignana di questa salsa è comunemente riconosciuta nell’Agiadda (agliata), una salsa di origine medievale, diffusa fra la Liguria e la Provenza, a base di aglio, aceto, olio e sale, utilizzata per conservare e condire i cibi. E’ forse questa l’origine più accreditata secondo le ricostruzioni e le fonti di storici genovesi.

In origine, dunque, il “pesto” aveva una dose di aglio molto marcata, tanto che si parla di “pesto maleducato”; ma, attraverso sei secoli, la salsa continua a cambiare, adattandosi via via a palati sempre più educati. Finalmente, nel 1863, ne la “La cuciniera genovese” di G. B. Ratto (2), troviamo una ricetta a base di “battuto di aglio e basilico” che ci appare nella sua forma più simile all’originale, anche nella destinazione dell’uso: una salsa per condire la pasta, in ossequio alla tradizione genovese della pasta e dei pastifici, assolutamente unica nel suo genere. La ricetta di Ratto è la seguente: “Prendete uno spicchio d’aglio, basilico (baxaicö) o in mancanza di questo maggiorana e prezzemolo, formaggio olandese e parmigiano grattugiati e mescolati insieme e dei pignoli e pestate il tutto in mortaio con poco burro finché sia ridotto in pasta. Scioglietelo quindi con olio fine in abbondanza. Con questo battuto si condiscono le lasagne e i gnocchi (troffie), unendovi un po’ di acqua calda senza sale per renderlo più liquido”.

Per il buon gusto italico, il cuoco e gastronomo Emerico Romano Calvetti nel 1910, rielaborando le ricette delle “cuciniere genovesi” per una sua versione più moderna, riporta nella sua opera la ricetta numero trentanove, dove definitivamente scompare il formaggio olandese a discapito del pecorino sardo, e il burro lascia in toto spazio al meraviglioso olio extravergine d’oliva. Siamo ancora lontani dalla ricetta moderna e ingentilita, tuttavia la strada è indicata.

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Un’altra tappa fondamentale è l’inizio della coltivazione in serra del basilico, con la pratica della raccolta della pianta giovane. Come si legge ne “La Semente”: “Il prodotto invernale e meno aromatico viene estirpato completamente quando la piantina ha raggiunto una decina di foglie, e portato al mercato in piccoli mazzetti”. Un difetto o una virtù? Una virtù, senza dubbio, perché da lì a poco il basilico più tenero e giovane verrà preferito in modo pressocché assoluto per produrre il moderno Pesto genovese.

Siamo dunque giunti a una ricetta definitiva?

La risposta è sì, con tutti i distinguo del caso: sebbene, infatti, non esista una ricetta unica, con le dosi esatte (ogni famiglia, in virtù di gusti o disponibilità degli ingredienti, varia la stessa), ci si può ragionevolmente attenere alla ricetta indicata dal disciplinare del “Consorzio del Pesto Genovese” (3), con i sette ingredienti chiave: il basilico genovese DOP (4), l’aglio di Vessalico (Presidio Slow Food), l’olio extravergine d’oliva Riviera Ligure DOP , i pinoli di Pisa, il pecorino Fiore Sardo DOP, il Parmigiano Reggiano DOP stagionato e il sale grosso.

Le caratteristiche di un buon pesto sono poi il colore, che deve essere di tonalità dal verde chiaro al verde intenso, e la consistenza densa e omogenea; il profumo delicato ma persistente di basilico fresco, aglio e formaggio stagionato; il gusto saporito, leggermente piccante e l’assoluta assenza del sentore di menta.

Le mille sfaccettature di questa salsa, la sua versatilità e la migrazione di molti Liguri nel mondo hanno fatto sì che il Pesto genovese godesse di un apprezzamento sempre più esteso, tanto che oggi, nelle classifiche mondiali dei consumi, occupa il secondo posto fra le salse. A tal proposito, impossibile non citare Roberto Panizza, reale ambasciatore del pesto Genovese nel Mondo: dal 2007, con il “Campionato Mondiale del Pesto al Mortaio”(5), promuove lo stesso letteralmente in ogni angolo del globo.

Oggi il Pesto alla genovese è stato inserito dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali nei P.A.T. (prodotti agroalimentari tradizionali) liguri riconosciuti ed è candidato a diventare “bene culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco”.

Prima di lasciarvi alla ricetta vera e propria voglio raccontarvi alcune curiosità a riguardo.

Esiste una versione provenzale di questa salsa. Per anni a Marsiglia i nostri cugini hanno rivendicato la paternità della salsa da loro nominata appunto “Pistou”. A chiarire il tutto ci ha pensato il loro connazionale chef Jean Baptiste Reboul nel suo “La Cuisinière Provençale” (1910) in cui, a proposito della ricetta “Soupe au pistou”, scrive testualmente: “Cette soupe, d’origine génoise”, cioè “Questa zuppa, d’origine genovese”, chiarendo in tal modo ogni dubbio. (6)

Una famosa leggenda (7) narra di un convento sulle alture di Prà (Genova) intitolato a San Basilio, nel quale un frate che vi dimorava raccolse l’erba aromatica che cresceva su quelle alture (chiamata appunto basilium, in onore di san Basilio), la unì ai pochi ingredienti portatigli in offerta dai fedeli e, pestando il tutto, ottenne il primo pesto che man mano venne poi perfezionato.

Il mercato del basilico genovese DOP rappresenta circa l’8% di quello italiano complessivo, con circa 70 ettari di superfici coltivate (di cui 25 in serra) e oltre 1 milione di mazzi prodotti ogni anno, destinati al mercato del fresco. A questi vanno aggiunti altri 28mila quintali destinati alla trasformazione artigianale e industriale per un fatturato alla produzione di circa 6,5 milioni di euro, che diventano 15 se si considera anche tutto l’indotto diretto dei trasformatori del basilico e dei produttori di pesto (8).

In occasione di questa Giornata Nazionale ho avuto l’onore di intervistare Sergio Rossi, scrittore ed esperto di storia e cultura del cibo e dela cucina

 

LA RICETTA DEL PESTO GENOVESE

4 mazzi (50-60 g in foglie) di Basilico Genovese D.O.P.

70-80 ml di Olio Extra Vergine di Oliva “Riviera Ligure” D.O.P.

50-60 g di Parmigiano Reggiano 36 mesi D.O.P.

24 g di pinoli

15-20 g di Pecorino “Fiore Sardo” D.O.P.

2 spicchi d’Aglio di Vessalico (Imperia)

sale marino grosso q.b.

Preparazione

La lavorazione (rigorosamente al mortaio) deve avvenire a temperatura ambiente e terminare nel minor tempo possibile per evitare problemi di ossidazione.

Cimate le foglioline di basilico genovese DOP, lavatelo in acqua fredda e mettetelo ad asciugare su un canovaccio. Sbucciate l’aglio eliminando l’anima e grattugiate i formaggi. Procedete pestando nel mortaio l’aglio con tre o quattro grani di sale e a seguire i pinoli.

Quando l’aglio e i pinoli avranno raggiunto la consistenza di una crema, raccoglietela con un cucchiaio di legno (non usate assolutamente utensili in metallo quando preparate il pesto) e tenetela da parte in una ciotolina. Aggiungete poco alla volta le foglioline di basilico e iniziate a pigiare e roteare dolcemente il pestello fino a far diventare il movimento dello stesso senso rotatorio e prolungato. Aggiungete ancora un poco di sale grosso (sempre pochi grani) e via via il basilico rimanente. Gli oli essenziali del basilico sono conservati all’interno delle sue foglie quindi, per ottenere il miglior risultato, bisogna ruotare il pestello in modo da stracciare e non tranciare le foglie. Ruotate il mortaio tenendolo per un orecchio questo vi aiuterà molto.

Man mano che le foglioline avranno ridotto la loro dimensione e assunto la consistenza di una crema aggiungete la “pasta” d’aglio e pinoli, poca alla volta, e poi i formaggi . Rispettate le dosi e il palato, ma soprattutto assaggiate.

A questo punto versate a filo l’olio (secondo necessità) e mescolate per legare la salsa. Il nostro Pesto Genovese è pronto per essere utilizzato per condire la nostra pasta (possibilmente ligure), aggiunto al minestrone di verdure o utilizzato a piacimento in altre preparazioni.

Il pesto va consumato appena fatto: se dovete metterlo in frigo, la sua durata non deve superare i 3-4 giorni, avendo l’accortezza di ricoprire con l’olio la superficie visiva, per evitare l’ossidazione. Una valida alternativa è evitare di mettere il formaggio, che verrà aggiunto all’ultimo momento e ritirarlo nel congelatore, sempre coperto da un velo di olio.

FONTI E NOTE:

(1) Giuseppe MAZZARINO Il Moretum attribuito a Publio Virgilio Marone

(2) “La cuciniera genovese” di G. B. Ratto ed. F.lli Pagano – Genova

(3) Consorzio Pesto Genovese http://www.mangiareinliguria.it/consorziopestogenovese/pestogenovese.php

(4) Coltivare il Basilico ligure DOP http://www.thekitchentalesofwally.it/il-basilico-genovese-dop.php

(5) Campionato Mondiale del Pesto al Mortaio – http://www.pestochampionship.it/

(6) La Cuisinière Provençale di J. B. Reboul edizioni Tacussel Éditeur Marseille

(7) Pastificio gastronomia Reggio http://www.pastareggio.it/il-pesto-la-tradizione-legata-alla-storia/

(8) Fonte COLDIRETTI Liguria (dati 2015)

BIBLIOGRAFIA:

“Pesto – tradizioni e futuro” di Sergio Rossi – ed. SAGEP

“Aggiungi un pesto a tavola!: Tutto sul pesto genovese e le sue varianti” Di Michele Cogni – ed. DAMSTER

Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Colonie_genovesi

Treccani enciclopedia

Partecipano come contributors:

Enrica Gouthier, Pesto alla Genovese

Erica Repaci, Il pesto di rucola

Valentina De Felice, pennette al Pesto di Salvia e Mandorle

Daniela Ceravolo, Pesto di fiori di zucchina e noci

Stefania Mulè, Ravioli di patate al Pesto Rosso

Francesca Antonucci, Patate al pesto la ricetta e gli abbinamenti